Vai al contenuto

Permesso di assistenza familiare

Con il tempo che avanza e le sempre maggiori problematiche che possono affliggere chiunque, prestare assistenza sanitaria ad un familiare diventa un gesto più che diffuso: oltre ad essere gratificante, è infatti anche la scelta più pratica, dato che si tende a conoscere meglio e perfettamente le patologie che affliggono il soggetto interessato. 

Prestare assistenza significa accudire nel migliore dei modi il proprio parente (genitore o altro che sia) e quindi svolgere tutte le procedure necessarie ed affini al suo benessere, operazioni che probabilmente non è più in grado di svolgere in totale autonomia.

Ma cosa succede quando uno dei parenti più vicini al soggetto, colui che dovrà fornire assistenza, possiede un lavoro regolare? 

È possibile assentarsi per prestare assistenza?

In questo articolo vedremo da vicino quando è possibile assentarsi dal lavoro per prestare assistenza al proprio familiare, come si può usufruire del permesso e quali sono i benefici di cui si può godere attraverso la 104.

Permesso assistenza familiare: come funziona?

Posso assentarmi da lavoro per assistere un familiare?

il permesso di lavoro dura 3 giorniAd oggi, grazie ad una serie di decreti legislativi promossi dal Governo a favore della sanità personale, il lavoratore può usufruire dei permessi di assistenza familiare, ossia una prestazione statale che permette di assentarsi regolarmente (e senza perdere parte dello stipendio) per un preciso quantitativo di giorni al mese. 

 

Si tratta nello specifico di 3 giorni al mese oppure, in alternativa, di un totale di 18 ore mensili.

Tale delegazione in permesso è un vero e proprio diritto del lavoratore che, qualora avesse la necessità di prestare assistenza al proprio parente (affetto da handicap, anzianità o simili) e dunque impossibilitato a svolgere alcune azioni in totale autonomia, potrebbe regolarmente richiedere il permesso per aiutarlo, fornendogli assistenza diretta.

Nello specifico, le persone che possono usufruire dei permessi sono:

  • I genitori o il coniuge del portatore di handicap;
  • Il convivente (in alternativa al coniuge, parente o affine di 2° grado di parentela);
  • L’unito/a civilmente;
  • I parenti di 2° grado (ossia nonni, nipoti, fratelli o cognati).

Per quanto riguarda i parenti di 3° grado di parentela (e quindi bisnonni e zii), questi possono usufruire dei permessi solo se:

  • I genitori o il coniuge del disabile che ha bisogno di assistenza sono deceduti o impossibilitati alla presenza fisica;
  • I genitori del disabile abbiano compiuto i 65 anni di età, o siano affetti da malattie e patologie portatrici di handicap.

Non è rilevante dunque la presenza di parenti di 1° grado o 2° grado: è solo fondamentale che l’individuo che presta assistenza sappia che, questo genere di permesso, non può essere ceduto a più di una persona per accudire lo stesso individuo.

Tuttavia c’è un’eccezione riguardante i figli del paziente, che possono usufruire del permesso in maniera alternata secondo un accordo interno tra gli stessi.

Permesso assistenza familiare: come usufruirne?

Per far in modo che si possa usufruire del permesso, la condizione primaria è che il disabile venga accertato come una persona portatrice di handicap, e quindi essere in possesso di un certificato medico che attesti e citi la legge 104.

Successivamente, il certificato emesso dal proprio medico curante verrà rilasciato dall’apposita Commissione operante presso l’ASL.

sindrome di down legge 104Cosa importante è che fanno eccezione le certificazioni per le persone affette da Sindrome Down, in quanto possono essere dichiarati in situazione di gravità anche direttamente dal medico curante, dal pediatra se piccoli ed ancora in giovanissima età. 

Come già detto in precedenza, un lavoratore che vuole prestare assistenza sanitaria ad un proprio parente può assentarsi dal proprio posto di lavoro per un massimo di tre 3 giorni, oppure può scegliere di diluire il tutto con 18 ore totali mensili. Il mese di riferimento è sempre il singolo, motivo per cui i giorni di permesso non possono essere cumulati. 

Di conseguenza i 3 giorni di permesso non potranno mai raddoppiare o accumularsi con il tempo se non vengono “sfruttati” nel mese di appartenenza.

Ovviamente, prima di comunicare la necessità di assentarsi dal proprio posto di lavoro per motivi di questo genere, sarebbe necessario per questioni organizzative di riferire la propria scelta al datore di lavoro. In questo modo gli sarà più semplice calcolare i permessi spettanti e le ore di assenza. 

Come sfruttare la 104 di un familiare per i permessi?

legge 104 chi ne può usufruireLa legge 104, oltre che fornire benefici al disabile, permette anche all’individuo della famiglia che sceglie di prendersene cura di ottenere qualche piccolo vantaggio, sempre connesso alla posizione dei permessi.

Ad esempio, nei casi in cui una persona presenti delle disabilità fisiche, psichiche o sensoriali, il familiare ha la possibilità di assentarsi dal proprio posto di lavoro per un sempre per un massimo di 3 giorni o 18 ore mensili, ottenendo però una retribuzione certa dei 3 giorni in cui l’assistenza al disabile ha richiesto la necessità di assentarsi. Questo discorso vale anche per chi presta un servizio di assistenza ad un proprio caro o parente, avendo la possibilità di richiedere un permesso. 

In questo caso, quindi, la legge 104 funge da documento perfetto per la richiesta dei permessi, che il datore di lavoro non può negare.

Ma come si riesce ad ottenere i benefici offerti dalla legge 104?

Il lavoratore che vuole prendersi cura di un membro della propria famiglia, portatore di handicap, deve inviare una specifica domanda all’INPS. Inoltre, bisogna essere in possesso dell’attestato che accerta la disabilità dell’individuo, riconosciuta dall’ASL.

Chiama
eMail